Due parole che feriscono e mortificano.
“Stai zittə!” è una frase, tanto breve quanto tagliente, che non si dovrebbe mai pronunciare eppure la sento spessissimo rivolta a bambini, ragazzi, mogli, mariti, colleghi, amici, fratelli.
Se si vuole proporre a qualcuno di ridurre il rumore o il tono della voce, lo si può invitare a farlo spiegando la propria necessità e il proprio bisogno di silenzio e tranquillità o rimandando ad una regola regola (es: a scuola come a casa non si urla) e offrendo rispetto.
Non si dovrebbe però mai cercare di bloccare l’espressività, verbale e/o emotiva dell’altrə, perché questo atteggiamento di chiusura avrebbe ricadute sulla sua autostima e sulla sua dignità.
E’ importante fare attenzione soprattutto quando ci si rivolge a bambini, adolescenti e persone fragili.
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Riporto il tipico esempio che i genitori mi raccontano in consulenza.
“Quando miə figliə comincia ad urlare, io cerco subito di zittirlə. Mi dà fastidio quando alza la voce! Deve capire che non deve urlare”.
Ma unə bambinə che urla sta esprimendo un bisogno e un’emozione. Se a questa espressività si risponde con un blocco:
1 non si comprende che cosa sta vivendo veramente il/la bambinə
2 si rompe la comunicazione con ləi
3 non si insegna la gestione dell’emozione
4 non si insegna la regola (es: le richieste vanno poste senza urlare)
5 si rischia che il/la bambinə interiorizzi il pensiero “Sono sbagliatə/Non devo esprimere la mia opinione”.
Facciamo quindi attenzione a come utilizziamo le parole e agli effetti che esse hanno.
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Silvia Mimmotti, Psicologa