Ti è mai capitato di accogliere uno psicologo a casa tua per svolgere un percorso domiciliare?
“Accogliere nella propria casa qualcuno” è uno dei gesti più intimi ma anche molto difficili.
Al tempo stesso però anche “entrare in casa di qualcuno” è altrettanto complesso, delicato quanto PREZIOSO.
Aprire le porte della propria dimora significa “permettere a qualcuno di entrare”, fisicamente e non solo, in un ambiente tutto nostro. Significa permettergli di osservare la nostra ‘tana’, il nostro ‘nido’ e rivelare molto di noi. Perché si sa, negli ambienti in cui abitiamo mettiamo la nostra impronta ed ogni cosa racconta una piccola parte del nostro essere.
Ma pensate quanto sia essenziale per uno psicologo affacciarsi proprio nel quotidiano di una persona!
Nell’ottica che abbraccio e che potremmo definire semplicemente del “PRENDERSI CURA”, contrapposta a quella del “curare” più propriamente medica, ho potuto notare che l’entrare in contatto con l’altro e l’essere accolto sono gli ingredienti fondamentali per costruire un percorso di sostegno, abilitazione e riabilitazione. Solo grazie a questo “contatto” e questa “accoglienza” il cammino insieme potrebbe essere più semplice e portare ad un miglioramento più duraturo anche in situazioni difficili.
Accanto a chi soffre c’è sempre una famiglia che subisce allo stesso modo l’onda d’urto della malattia. E dato che il FAMILIARE è una PERSONA importantissima di per sé nonché una RISORSA nel percorso di miglioramento di chi sta male, compito dello psicologo è prendersi cura anche di lui.
Pertanto, la psicologia a domicilio è rivolta anche al familiare: per non lasciarlo solo né nel periodo della trasformazione della routine che la malattia comporta né nell’assistenza al proprio caro.
Il settore relativo alla psicologia e agli interventi domiciliari risulta essere -purtroppo- un’area ancora poco esplorata eppure molto importante e in espansione. Dato che dalla letteratura tante sono le evidenze scientifiche che ci dimostrano che l’assistenza domiciliare viene indicata come la scelta più soddisfacente per i pazienti e per le famiglie e più economica per i sistemi sanitari, molti Stati stanno disponendo politiche orientate a favorire l’home care come scelta di elezione per alcune patologie.
E’ il caso di: malattie oncologiche, degenerative (vedi l’alzheimer) o invalidanti (HollandJ.C. et al. 2015); gravidanze a rischio o post partum complicati (Prezza M. 2006; Righetti, Casadei 2005); minori con disturbi del comportamento (es.: DOP, ADHD) o dello sviluppo (es.: autismo); minori o adulti con disabilità; sintomi depressivi o ansiosi “invalidanti” (es.: attacchi di panico o pensieri ossessivi che rendono faticoso uscire di casa); valutazioni sulla competenza genitoriale (es.: per affido post-separazione); terza età…..
Nelle circostanze appena elencate esiste un problema così limitante che potrebbe rendere impossibile recarsi presso uno studio di uno psicologo. Ecco perché gli interventi psicologici a domicilio vengono in aiuto di questi pazienti e -non meno importanti- dei loro familiari (Bee et al. 2008; Carter et al. 2009; Tambelli R., Volpi B. 2015).