Siamo sommersi di foto di minorenni postate, sempre più spesso, proprio dai genitori o parenti più vicini. In media, ogni anno nei social network (soprattutto Facebook 54%, Instagram 16% e Twitter 12%) i genitori condividono circa 300 scatti dei propri figli esponendoli, spesso inconsapevolmente, a dei pericoli.
Che cos’è lo sharenting
Con il termine “sharenting” si indica proprio questo fenomeno: la condivisione (senza consenso ovviamente), online e costante da parte dei genitori, di contenuti che riguardano i propri figli (dalle ecografie, alle foto di ogni piccolo progresso del neonato, a video di ogni loro gesto).
Il neologismo arriva dagli Stati Uniti e unisce le parole: “share” (CONDIVIDERE) e “parenting” (GENITORIALITA’).
Pasqua è passata da poco e siamo stati tutti invasi dalle foto di famiglia. E come dimenticare quelle intorno all’albero di Natale, davanti alla torta di compleanno, in vacanza o di ogni frammento di respiro del minore?!
Da psicologa e conoscendo i rischi di questa sovraesposizione, non posso che lanciare un allarme in tal senso.
La mia voce si unisce a quella di tanti colleghi, dei pediatri e delle forze dell’ordine.
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Il caso mediatico
In un articolo di “La Repubblica” uscito il 22 marzo si legge questo: «Pochi giorni fa i followers di Chiara Ferragni si sono trovati di fronte a un tipo di contenuto social completamente nuovo rispetto a quelli che solitamente popolano la sua pagina Instagram: in occasione del sesto compleanno del primogenito Leone, evento che negli anni passati si traduceva in un vero e proprio happening mediatico, lui e la sorella Vittoria sono stati immortalati di spalle, in modo da nascondere il loro volto, forse per la prima volta da quando sono nati».
Di colpo, a far CLAMORE, è la notizia che i bambini mediaticamente più esposti d’Italia non erano più visibili.
In molti si sono chiesti il motivo, io dico: FINALMENTE!
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Non ci si rende conto delle conseguenze
Sebbene nella maggior parte dei casi gli intenti dei genitori che condividono foto online dei figli siano innocui, non vanno sottovalutate le problematiche che potrebbero ricadere sui bambini.
Gli scatti che vengono maggiormente pubblicati riguardano:
-la vita quotidiana (mentre il bimbo dorme, gioca, mangia),
-uscite o viaggi
-momenti speciali (battesimo, primo giorno di scuola, compleanno, festività).
Quando si pubblica online un contenuto bisognerebbe tenere a mente che il profilo social appartiene a una società che un protocollo di tutela sui profili.
A fare il punto su questo fenomeno è uno studio del 2023, pubblicato sulla rivista Journal of Pediatrics dell’European Pediatrics Association, di cui è primo autore il Prof. Pietro Ferrara (Responsabile del Gruppo di Studio per i diritti del bambino della SIP, Società Italiana di Pediatria). «Quanto condiviso sui social network, a volte anche molto personale e dettagliato, espone pericolosamente i bimbi a una serie di rischi. Primo fra tutti: il furto di identità. Senza contare che informazioni intime e personali, che dovrebbero rimanere private, oltre al rischio di venire impropriamente utilizzate da altri, possono essere causa di imbarazzo per il bambino una volta divenuto adulto. Questo tipo di condivisione da parte dei genitori può inavvertitamente togliere ai bambini il loro diritto a determinare la propria identità» spiega il Prof. Ferrara.
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I possibili rischi
- PEDOPORNOGRAFIA e giochi di ruolo. Una ricerca condotta dalla Children’s Safety Commission del Governo australiano ha evidenziato che circa il 50% del materiale presente sui siti pedopornografici provengono dai social media dove era stato precedentemente condiviso dai genitori ignari. Qui puoi leggere un articolo a riguardo: https://tech.fanpage.it/instagram-foto-di-neonati-e-bambini-rubate-per-giochi-di-ruolo/
- FURTO D’IDENTITA’
- SFRUTTAMENTO DELL’IMMAGINE
- ADESCAMENTO DI MINORE
Escluse queste conseguenze più rischiose, non va sottovalutato il fatto che, crescendo i ragazzi dovranno fare i conti con l’esposizione sui social network scelta (e imposta) dagli adulti. Inoltre devono integrare, nella loro identità, quella digitale costruita fino a quel momento dai genitori.
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La testimonianza
«I miei figli avevano nuovi nomi e nuove identità. Sotto le loro foto c’erano didascalie che descrivevano un’altra vita. Era come se qualcuno stesse giocando con le Barbie, solo che le bambole erano i miei bambini».
Queste le parole di Meredith Steele (oltre 170mila follower su Instagram e quasi un milione di seguaci su TikTok), una blogger e mamma americana abituata a pubblicare online contenuti dei figli, che ha scoperto di essere mira di un furto di identità.
Sull’Huffingtonpost puoi leggere la sua intervista: https://www.huffingtonpost.it/life/2023/04/14/news/furto_identita_bambini_foto_sharenting_digital_kidnapping-11829791/
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I consigli della SIP (Società Italiana di Pediatria)
1. CONSAPEVOLEZZA
Essere consapevoli che lo sharenting è una pratica sempre più diffusa e non va sottovalutata nei potenziali pericoli a cui potrebbe andare incontro. Condividere contenuti che hanno come protagonisti i bambini significa costruire un “dossier digitale” di un minore.
2. ANONIMATO
La tutela passa anche per l’anonimato. Diffondere online informazioni dettagliate (localizzazioni, nomi, età, numero di persone in famiglia come si vede spesso nei cruscotti delle auto) potrebbe esporre pericolosamente i bambini ad una serie di rischi.
3. VIETATO IL NUDO
Non condividere mai immagini dei propri figli in qualsiasi stato di nudità per evitarne l’utilizzo improprio e fuori controllo da parte di altri.
4. NOTIFICHE
Attivare notifiche Alerts che avvisano l’adulto quando il nome del figlio appare nei motori di ricerca (es: nelle impostazioni di Google potete trovare “Family Link”).
5. CONSENSO E PRIVACY
La Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza sottolinea come si debba dare priorità al rispetto degli interessi e alla dignità del minore chiedendo sempre il consenso e tutelando la privacy.
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La proposta di legge
In Italia manca ancora una normativa specifica che controlli lo sharenting sebbene sia arrivata alla Camera dei deputati una PROPOSTA DI LEGGE che mira a tutelare la privacy dei minorenni dallo sharenting.
Il titolo del documento presentato è suddiviso in tre articoli che non vietano ma mirano a limitare e regolare l’esposizione dei minori in rete. I punti proposti:
-una dichiarazione obbligatoria all’Agcom in caso di condivisione dei contenuti sulle diverse piattaforme social;
-il deposito su un conto bancario intestato al minore, inaccessibile fino al compimento dei 18 anni, dei possibili guadagni ottenuti dalla loro diffusione;
-il diritto all’oblio digitale, con cui i minori, compiuti i 14 anni, potranno chiedere di rimuovere dai motori di ricerca i contenuti che li hanno riguardati prima di quest’età.
Nel frattempo, sempre più frequenti i tribunali che hanno condannato i genitori a risarcire i figli che, una volta diventati maggiorenni, hanno contestato le numerose pubblicazioni dei loro familiari avvenute senza consenso.
Esistono comunque delle TUTELE. Il GDPR, la principale normativa dell’Unione Europea sul tema della privacy, sta facendo la sua parte.
Non dimentichiamo poi: l’art.10 del codice civile, il Codice della privacy, il Regolamento per la Protezione dei dati personali, nonché l’art. 96 della Legge 633/1941 sul diritto d’autore e la Convenzione di New York per i diritti del fanciullo del 1989.
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Mi chiedo però sempre più perché, per regolare certi comportamenti, si debba arrivare ad una legge e a delle sanzioni prima ancora di ragionare consapevolmente e in autonomia…….
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Psicologa Silvia Mimmotti
Bibliografia: Ferrara P., Cammisa I., Corsello G. et al. (2023). Online “Sharenting”: The Dangers of Posting Sensitive Information About Children on Social Media. Journal of Pediatrics, dell’European Pediatrics Association, Vol. 257 https://www.jpeds.com/article/S0022-3476(23)00018-5/fulltext