Paura della recidiva

Questa è la settimana Nazionale della PSICONCOLOGIA

La SIPO (Società Italiana Psiconcologia) per il 2019 ha scelto di orientare gli eventi e le iniziative sul delicato tema:
LA PAURA DELLA RECIDIVA, SFIDARE L’INCERTEZZA. 
Ieri ho avuto modo di partecipare, presso la Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori qui a Milano, all’interessantissima e toccante iniziativa scientifica organizzata su questo tema. 
Tra il pubblico: tanti pazienti, volontari di diverse associazioni (come LILT e AIL), operatori sanitari e cittadini interessati all’argomento; tra i relatori: medici, infermieri, psicologi, psicoterapeuti, esponenti SIPO Lombardia e il Coro Lunigiana. 
Grazie a tutti gli organizzatori e i relatori intervenuti.

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Insieme si è parlato degli aspetti medici, psicologici ed esistenziali coinvolti nella malattia oncologica che riguardano sia i pazienti che i professionisti, in particolare in caso di recidiva. 
Ci si è posti la domanda di che cosa sia la paura, a che cosa serva, quali tipi di paure colpiscono chi è coinvolto in una diagnosi di tumore, come va affrontata e gestita. 
La paura, soprattutto nei casi di recidiva, getta nell’incertezza, fa vivere le sensazioni di impotenza, sfiducia, immobilismo. E’ necessario togliere al paziente tutte queste sensazioni per permettergli di lottare. 

Come farlo? 
Sfidiamo l’incertezza e la paura informando e informandoci, facendo prevenzione, dando uno spazio al timore della morte (non neghiamola!) e alle proprie emozioni, lavorando sul proprio scopo di vita (purpose life), entrando in contatto con il nostro Sè, riscoprendo le nostre risorse e combattendo il cancro in squadra, sia che lo si stia affrontando da professionisti (appoggiandosi quindi ad un’equipe multidisciplinare), che da pazienti (chiedendo aiuto e lasciandosi aiutare).

L’incertezza è più ostile della Morte
la Morte, per quanto sia vasta, è solo Morte e non può aumentare
l’Incertezza non si conclude ma perisce, per vivere di nuovo ma solo di nuovo per morire.

Emily Dickinson

Non dimentichiamo poi che, accanto a colui che combatte la sua battaglia, c’è sempre un operatore sanitario (medico, infermiere o psicologo) che lo accompagna e che soffre con lui nelle sconfitte e di fronte alle recidive, altresì gioisce vedendo i buoni risultati di una terapia. 
La vulnerabilità del paziente viene quindi vissuta anche dal professionista. 
Tutti gli esseri umani non tollerano: l’incertezza, l’impotenza, la solitudine.
Anche l’operatore è fragile ma è capace anche di garantire presenza e calore umano.
Concediamogli, a volte, di non avere le parole giuste, l’importante è che sia capace di contatto, di una presenza delicata e professionale, consapevole della propria finitezza (mortalità).