Recentemente, da chi mi segue è emersa la necessità di parlare di una delle problematiche che, ora, maggiormente crea preoccupazione ed ansia: la perdita di qualcuno a causa del coronavirus.
E’ un argomento complesso quanto importante.
La morte, con tutto ciò che essa coinvolge, è comprensibilmente spesso vissuta con paura e, purtroppo, parlarne viene considerato un tabù. Trovo essenziale affrontare questo tema, avvicinarsi ad esso lentamente, attribuirgli la giusta considerazione.
Prima di addentrarmi nell’argomento, vorrei partire dal quadro generale del lutto.
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DEFINIZIONI
La morte dura un attimo e corrisponde al preciso momento in cui una persona perde la vita.
Il morire riguarda il fine vita e termina con la morte.
Il lutto invece abbraccia un lasso di tempo più lungo e va da quando si apprende la notizia di una prognosi (= previsione sul decorso e esito di un quadro clinico) infausta fino, circa, ad un tempo massimo di un mese dopo la morte. Ovviamente bisogna tenere in conto anche della variabilità soggettiva.
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CHE COS’E’ IL LUTTO?
E’ un processo cognitivo, comportamentale, emotivo, psicologico e – soprattutto- personale legato alla perdita di una persona cara e che va al di là della morte stessa. E’ altresì un processo spesso faticoso, a volte doloroso e per lo più inconscio.
Esso richiede tempo perché la mente deve passare da una impotenza traumatica ad una consapevolezza. La mente è come lo stomaco: ha bisogno di tempo per digerire certe informazioni ed esperienze.
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CHE COSA SIGNIFICA: ELABORAZIONE DEL LUTTO?
Il lutto si considera “concluso” quando se ne porta a termine l’elaborazione.
L’elaborazione è un processo (personale e fisiologico) di adattamento alla perdita di una persona cara.
Tale processo è influenzato da tanti fattori: qualità morte, relazione con defunto, sistema famiglia, aspettative, strategie di coping, resilienza, capacità di mentalizzazione, risorse personali, stile di attaccamento, lutti precedenti, altre relazioni, precedenti patologici, tendenza alla somatizzazione o uso di sostanze, ..
Assumono una discreta importanza anche la dimensione temporale e quella sociale.
Il lutto ha bisogno di un suo spazio temporale (come abbiamo visto non si esaurisce in un giorno) e di una dimensione sociale fatta di tutti quei riti (cerimonia, sepoltura, camera mortuaria, …) e quella condivisione fondamentali per salutare e distaccarsi dal defunto.
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LE FASI DELL’ELABORAZIONE
Bowlby e Kubler-Ross hanno individuato alcune fasi di elaborazione del lutto che si possono riscontrare in moltissimi vissuti.
Bowlby parla di: shock, struggimento e ricerca, disorganizzazione e disperazione, riorganizzazione.
La Kubler-Ross, nel suo Modello a cinque fasi (1970), distingue 5 “momenti”.
1) NEGAZIONE E RIFIUTO. Meccanismo di difesa naturale che rigetta la realtà. E’ utile per proteggerci, prendere del tempo per metabolizzare ed organizzarci. Solitamente si indebolisce con il passare del tempo, altrimenti potrebbe essere sinonimo e causa dell’insorgenza di una psicopatologia.
2) RABBIA che esplode verso se stessi, familiari, medici, malattia, Dio, … E’ la fase del rifiuto e della chiusura in sè.
3) NEGOZIAZIONE o patteggiamento. La persona comincia a verificare che cosa può fare per riprendere il controllo e cercare di ‘riparare’ (la mente ha bisogno di sentirsi attiva).
4) DEPRESSIONE (non quella patologica), coincide di solito con un peggioramento. A questo punto, non si può più negare l’evidenza.
5) ACCETTAZIONE: comprensione di quanto sta succedendo, consapevolezza. Momento particolarmente intenso in cui ognuno reagisce in maniera molto personale: ci si può ritirare in se stessi oppure cercare maggiormente il contatto con gli altri. Si cerca solitamente di ‘sistemare’ le ultime cose, di salutare, di fare ‘testamento’.
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ELABORAZIONE POSITIVA
La dott.ssa Therese Rando teorizza le “6 R”, fasi successive al lutto le quali possono indicarci che l’elaborazione sia positiva:
*rendersi conto della perdita
*reagire alla separazione sperimentando dolore
*recuperare ricordi e sentimenti legati alla persona morta
*rinunciare agli attaccamenti eccessivi verso la persona morta
*riadattarsi al mondo che è cambiato
*reinvestire su nuove persone, relazioni, esperienze.
In questo modo si riesce quindi a pensare, senza disperazione, a:
-quello che è stato,
-quello che sarebbe potuto essere e non sarà
-quello che potrà essere.
Si recupera così la dimensione futura, non si rimane bloccati nel passato e nel presente con una relazione terminata.
Psicologa Silvia Mimmotti
BIBLIOGRAFIA: -Bowlby J., Attaccamento e Perdita, Tr. it. Bollati Boringhieri -Worden JW. Grief counseling and grief therapy. A Handbook for the mental health practitioner. New York, Springer, 1991 -Kubler-Ross E. On death and dying. Chicago, 1965. Tr. It., La morte e il morire. Cittadella, Assisi, 1976 -De Martino E. Morte e pianto rituale nel mondo antico. Dal lamento funebre antico al pianto di Maria. Bollati Boringhieri, Torino, 2008 -Stroebe M., Hansson R O., Schut R., Stroebe M. (2008), Handbook of bereavement research and practice, American Psychological Association, Washington D.C. -Rando T. A. (1991), How To Go On Living When Someone You Love Dies, Bantam Reprint edition -Rando T. A. (1993): Treatment of complicated mourning, Research Press, Champaign, IL. -Rando T. A. (1996): On treating those bereaved by sudden, unanticipated death, Psychotherapy in Practice, 2/4, 59-71.