Ho inserito quel NON solo alla fine perché è vero che “non dobbiamo identificarci con la nostra malattia” ma, spesso, purtroppo ci fanno credere il contrario.
“In sala operatoria il bypass”
“Il prossimo ago aspirato chi è?”
“Chi abbiamo qua: un bel carcinoma da trattare, giusto?”
“Sei anoressicə /schizofrenicə / depressə” (inserisci qualsiasi diagnosi)
“Non può leggere bene, è DSA”
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Mai identificarsi con la “malattia” perché, fortunatamente, non siamo quella.
Siamo e restiamo PERSONE, prima di tutto. Anche dopo una diagnosi.
Quando ci ammaliamo, non perdiamo la nostra essenza.
Diventiamo persone CON (anche) una malattia.
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Come “viviamo una malattia” cambia:
-in base al modo con il quale ne parliamo,
-o permettiamo agli altri di riferirsi a noi,
-se modifichiamo il modo con cui ci rivolgiamo a noi stessə una volta che ci ammaliamo.
Esiste una netta differenza tra il verbo “ESSERE” e il verbo “AVERE”.
“Sono una palla” è ben diverso dall’ “Avere una palla”.
“Sono Dislessico” è diverso da “Sono Marco e ho una forma di dislessia”.
Usiamo questi due verbi con cura e spieghiamo, a chi non li conosce, come potrebbero utilizzarli al meglio 😉
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Concludo con una bellissima frase di Giulietta Bandiera: «Avere una malattia è diverso dall’essere la malattia. Ha paura chi vive se stesso come “ammalato” invece che come “essere vivente”. Identificatevi invece con la salute come vostro stato naturale, sentitevi già sani e vedrete che la paura svanirà da sè».
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Silvia Mimmotti, Psicologa