“Dai un bacetto alla nonna”
“Mi passeresti i compiti?”
“Andiamo all’kea, poi all’aperitivo con Luca e Sara, poi raggiungiamo Daniela e Teresa per cena”
“Sei sempre così disponibile, oggi terresti Bobi?”
“Abbracciami”
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NO si può dire e, ti dirò di più, fa anche bene!
Il NO, utilizzato bene, può aprire lo spazio alla sincerità, al rispetto dei propri bisogni e tempi, a se stessi. Non è egoismo, non è un capriccio, non è mancanza di rispetto.
Ovviamente non mi riferisco ai “no” detti “sempre e comunque”, a quelli di maleducazione o che creano distanza e un muro. Non bisogna abusarne.
Ma dire quelli giusti, ben assestati, con rispetto di sè e dell’altr*, è sacrosanto e FA BENE a chi lo pronuncia ma anche a chi lo riceve.
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Dire sempre “sì” non significa essere disponibili ma non saper imporre la propria volontà.
Quante volte pronunciamo quel “sì” controvoglia? sopra le nostre forze? togliendo tempo a noi stess*?
Insegnare a dire NO, sin da piccoli, può essere addirittura salvifico.
Obbligare i bambini a contatti ed effusioni che non desiderano, rimproverarli e additarli come maleducati quando si rifiutano, fa crescere in loro l’idea che le sensazioni che provano sono sbagliate. Si inibisce il loro istinto (sano) di difesa verso una vicinanza fisica non richiesta, rischiando di aprire così la porta a potenziali eccessi o abusi da parte di altri. Nel minore potrebbe subentrare il pensiero: “Devo accettare il bacio o il tocco altrimenti sono cattivo”.
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Quante volte ti concedi un bel NO?
Quando riesci a dirlo e quando proprio non ce la fai?
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Silvia Mimmotti, Psicologa