LA TESTIMONIANZA
« Il rapporto di noi professionisti con la morte è un tema, delicato quanto importantissimo, che non tratta purtroppo mai nessuno.
Durante gli anni della mia lunga e approfondita formazione non ho ricevuto mai una formazione al riguardo: non mi hanno preparato né anche “solo” accompagnato (che probabilmente è la cosa più difficile da fare) quando è accaduto ad un mio paziente.
Ho sentito molto la mancanza di uno spazio dedicato alla morte dei paziente; uno spazio che fosse riservato alla parola o anche solo al silenzio.
Insomma uno SPAZIO MENTALE, CONDIVISO.
In certi casi ammetto che ne ho sofferto molto perché i nostri pazienti, i pazienti “psichiatrici”, sono persone che accompagniamo per tutta la vita e nella vita.
Come psichiatri ci ritroviamo ad abbracciare tutto quello che riguarda le loro vite: dalla salute mentale alla salute fisica, dai problemi familiari a quelli sociali, dalle gravidanze, ai parti… Una volta mi sono ritrovata addirittura ad aiutare -in prima persona- una paziente durante un trasloco!
In quanto medici, siamo tenuti ad accudire, a coltivare e ad incoraggiare i loro interessi e le loro potenzialità. Insomma, spesso facciamo un lungo tratto di vita insieme. Per questo dico che “li affianchiamo NELLA vita e PER la vita”. Ed è per questo motivo che NON POSSIAMO chiudere gli occhi sulla fine del loro cammino.
La morte è l’interruzione di una storia;
è come leggere un libro e fermarsi a poche pagine dalla fine …
Il camice bianco non ti salva. Non è un’armatura, non è una corazza che ti protegge dal dolore.
Dobbiamo trovare un senso, dare un significato a questo dolore!
Non possiamo ignorare la perdita e la fine di ‘quel libro’ così, semplicemente, come se non fosse successo nulla.
Ritengo fermamente che ci sia davvero un enorme bisogno di creare ed imparare a costruire uno spazio mentale che possa contenere tutto questo! ».
Avete scritto in tanti riguardo l’ultimo argomento trattato: QUANDO LA MORTE COINVOLGE IL PERSONALE SANITARIO [ https://www.psicologasilviamimmotti.it/quando-la-morte-coinvolge-il-personale-sanitario/ ].
In diversi mi avete scritto che non vi eravate mai troppo soffermati sulla sofferenza che la morte provoca anche nei medici, negli infermieri e negli psicologi/psicoterapeuti/psichiatri che sono coinvolti nel fine vita dei loro pazienti.
Vi ringrazio per i feedback che avete inviato e ringrazio in particolare il MEDICO PSICHIATRA che mi ha regalato questa preziosa condivisione della sua esperienza “dentro al camice”.
Con dolcezza e chiarezza spiega la sua vita di medico e, prima di tutto, di persona appassionata del suo lavoro, che ama “essere presenza” per i suoi pazienti. Pone tra l’altro l’accento sul fatto che, nel suo lunghissimo percorso formativo, nessun docente o manuale l’abbia formata nell’affrontare e gestire l’accompagnamento ad una persona che sta morendo e, tantomeno, l’ha aiutata a costruirsi delle strategie per elaborare la perdita.
Questo è un dato allarmante e ci fa capire quanto la tematica della morte sia -ad oggi- ancora un tabù persino nel mondo sanitario. Proprio lì dove in realtà dovrebbe essere ancora più naturale-fondamentale-professionale parlarne e prepararsi ad affrontarla.
Ribadisco quindi il mio appello: è URGENTE che si dia la possibilità anche agli operatori sanitari di prepararsi, informarsi e formasi al riguardo.
La morte è un evento doloroso e travolgente per tutti e i medici, come per gli infermieri e gli psicologi che non ne sono immuni … sia perché sono “mortali” come ogni persona, sia perché sono “umani” e vivono sulla loro pelle la perdita dei pazienti. Le esperienze e gli anni di lavoro potranno aiutare ma credo che potrebbe essere di maggiore aiuto dare alle equipe delle strategie, uno spazio (fisico e mentale), per poter affrontare anche la Morte.
Ne gioverebbe il reparto tutto, i pazienti e i loro familiari!!!
E LA LETTERATURA CHE CI DICE?
In letteratura possiamo trovare diversi studi:
-che cercano di comprendere la percezione della morte partendo dai fattori che influenzano il concetto di essa che ognuno si costruisce: le credenze personali, culturali, sociali, filosofiche, religiose (Peters et al., 2013).
-In base a come medici e infermieri percepiscono la morte rilevano che vengono elaborati ruoli e strategie per fronteggiarla. Ci può essere: il professionista più tecnico e quello più empatico; chi sostiene il paziente e i familiari; chi supporta i colleghi a elaborare la situazione e a confrontarsi con i parenti del paziente (Adams et al., 2011).
-Piuttosto recenti, sono anche gli studi che hanno approfondito il livello di coinvolgimento emotivo degli infermieri ne individuando 4 stili: attivo, selettivo, indifferente e ‘superiore’ (Kondo et al. 2015).
-Ci si relazione alla morte in maniera differente anche in base alla tipologia di unità operativa in cui si lavora. Si è visto ad esempio che in un setting di cure palliative la morte viene vista come un processo che può che può anche essere molto lungo; in un contesto di emergenza, essa viene vissuta come qualcosa da contrastare ed evitare (Peters, Cant, Payne, O’Connor, McDermott, Morphet, Shimoinaba, 2013).
-Dagli studi di Pereira et altri (2015) emerge ancora una volta quando sia importante la formazione degli operatori sanitari nel trattare la morte e sottolinea una differenza sostanziale. Mentre tra gli infermieri intervistati è prevalente l’accoglienza della morte (aspetto che gli autori spiegano legato proprio alla formazione ricevuta che li orienta ad una cura completa per il paziente, in ogni fase della vita, incluso il processo della morte); i medici, avendo ricevuto una formazione differente, risultano avere una percezione della morte prevalentemente biologica e tecnica. A questi ultimi viene infatti insegnato che le procedure e la valutazione devono essere prioritarie rispetto all’atto del prendersi cura.
CONCLUSIONE
Concludo con le parole del medico Cosmacini:
« Il morente è una persona che ha una biografia della quale esige il rispetto. Quando parliamo di cuore che si ferma o di elettroencefalogramma piatto facciamo riferimento alla vita “biologica” dell’uomo. Ma l’uomo ha anche una sua vita “biografica”, che si fonda su un patrimonio che il morente lascia in eredità ai posteri. Di questo patrimonio il medico deve avere massimo rispetto. Tale atteggiamento è perfettamente reso dal latino “pietas”, un termine precristiano utilizzato da Cicerone e Virgilio, i quali suggeriscono come il rispetto sia una dimensione fondante della vita umana » .
Dott.ssa Silvia Mimmotti
BIBLIOGRAFIA: -Adams, J., Bailey, D., Anderson, R., Docherty, S. (2011). Nursing Roles and Strategies in End-of-Life Decision Making in Acute Care: A Systematic Review of the Literature. Nursing research and Practice, (1155), 1-15. -Bloomer, M. , J. ; Cross, W. ; Endacott, R.; O’Connor, M. (2013). The ‘dis-ease’ of dying: Challenges in nursing care of the dying in the acute hospital setting. A qualitative observational study. Palliative Medicine, 27 (8); 757-764. -Morasso G., Invernizzi G. (1990). “Di fronte all’esperienza di morte: il paziente e i suoi terapeuti”. Masson, Milano 1990. -Peters L, McDermott F. (2011). Surviving and thriving: the nurse-patient relationship in palliative care. In: O'Connor M, Lee S, Aranda S, Eds. Palliative Care Nursing: A Guide to Practice [e-book]. Melbourne: AusMed Publications. -Peters, L., Cant, R., Payne, S., O’Connor, M., McDermott, F., Morphet, J., Shimoinaba, K. (2013). Emergency and palliative care nurses’ levels of anxiety about death and coping with death: A questionnaire survey. Australasian Emergency Nursing Journal, 2013 (16), 152-159. -Rocchetti L. Negli occhi di chi cura. L’accompagnamento nelle ultime fasi della vita in RSA. Erikson, 2017. -Sommaruga M. (2005) “Comunicare con il paziente. La consapevolezza della relazione nella professione infermieristica”, Collana CarrocciFaber, Le professioni sanitarie, 2005.
SITOGRAFIA: -Giorgio Cosmacini medico, storico e filosofo della medicina. Insegna Storia del pensiero medico nell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Dialnet-MedicinaEMorteUnaConversazioneConIlProfGiorgioCosm-4920113.pdf