Continua dal post precedente: https://www.psicologasilviamimmotti.it/la-clownterapia-pt-1/
Come intervieni nel benessere di chi incontri durante i servizi?
Pondicerri. Ogni servizio è particolare ed unico. All’interno di ciascuno di essi, le persone che si incontrano sono altrettanto uniche.
Alcune volte siamo noi al centro del servizio, altre noi siamo solo il canale attraverso cui le persone possono raccontarsi e trovare qualcuno pronto all’ascolto. Il clown deve riuscire a creare un tempo ed un
mondo sospeso per chi si trova in ospedale, in casa di riposo o in altra struttura. Credo che l’ascolto sia la cosa fondamentale durante il servizio, anche quando siamo noi a fare dei giochi e cantare dobbiamo sempre essere in ascolto degli altri clown che sono in servizio con noi e della persona a cui il nostro servizio è rivolto. Posso quindi concludere che sono tanti gli ingredienti necessari a portare benessere alle persone che incontriamo durante i servizi e non sempre questi devono essere usati contemporaneamente.
Patacco. Ogni volta che indosso il naso rosso e faccio servizio mi rivolgo, a chi ho avanti, usando tecniche di clownerie, giocoleria, micro magia, gag o a volte anche semplicemente parlando raccontando una barzelletta o cantando una canzone. Dipende sempre da come sta e cosa ha voglia di fare la persona che mi sta avanti.
Gigella. Sviluppo l’interazione prevalentemente partendo dall’ascolto e con l’ironia…anche perché sulla micro magia e la giocoleria acrobatica devo ancora lavorare molto!
Oppi. I nostri servizi consistono nel creare un canale di comunicazione mediante il l’utilizzo di tecniche di clownerie, l’attenzione e il dialogo, canale che consente di far nascere un ambiente “sicuro”, privo di giudizio, all’interno del quale ci si può sperimentare. I servizi a cui prendiamo parte possono essere molto disparati, dai servizi in ospedale dove proponiamo attività più specifiche ed adatte alla tipologia del contesto, ai servizi all’interno delle scuole dove proponiamo dei percorsi di sensibilizzazione sul volontariato e sulla figura del clown, alle case di riposo dove cerchiamo di creare dei servizi all’interno dei quali le persone anziane possono sperimentarsi mediante il ballo e il canto.
Sbrodolo. Ogni servizio è unico e non sai mai cosa ti aspetta: il bello del clown è che entra in punta dei piedi e si mette in ascolto dei suoi compagni di servizio e di coloro a cui va a far visita, che siano bambini o adulti in ospedale, anziani in RSA, etc. Il clown, solo sintonizzandosi con le persone e tutto l’ambiente, riesce a comprendere ciò di cui necessita chi incontra…e lo fa nel suo modo: con leggerezza. Essa spesso viene scambiata per “ingenuità”, in realtà è l’elemento essenziale che permette di trasformare una situazione di disagio e dolore (che ad esempio ci può essere in ospedale) in un momento di fantasia e colore. Così il clown riesce a cambiare l’energia di chi ha davanti.
Altre volte invece, il clown può essere semplicemente il contenitore (o barattolo) per i pazienti che provano emozioni pesanti perché permette loro di esprimere il rifiuto. Quando un paziente rifiuta un nostro intervento, in realtà acquisisce la possibilità di DIRE NO cosa che gli viene quasi completamente negata dal momento che si pone sotto le cure di qualcun altro (medici, infermieri, familiari). Grazie al clown quindi, per una volta, può essere veramente se stesso e dire NO; quel NO è un’occasione per sentirsi nuovamente libero di scegliere.
Quindi la base di tutto è un ASCOLTO ATTIVO a 360° ed, in secondo luogo, è importante per noi anche avere tanta fantasia e saper improvvisare. Conosciamo e ci sono di aiuto le tecniche clown come lo storytelling, la micro magia ma anche (soprattutto con gli anziani) la possibilità di cantare e semplicemente essere disponibili all’ascolto.
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C’è un episodio che ti piacerebbe regalarci?
Pondicerri. Forse l’episodio più bello è legato ad una persona che ho incontrato durante il servizio alla struttura Santo Stefano di Porto Potenza Picena. È il ricordo di un sorriso e uno sguardo pieni di ingenuità e gratitudine in un fisico fortemente provato. Un ricordo che è difficile scordare.
Patacco. Un episodio indimenticabile tra le corsie sicuramente è stato il giorno dei miei 18 anni. Il giorno stesso che diventavo maggiorenne, c’era anche servizio in ospedale e mi sono segnato. I miei due compagni di servizio mi hanno sottoposto ad un simpatico l’esame di maturità mettendomi alla prova sulla giocoleria, sulla micro magia, sulle tecniche clownerie, sulla modellazione di palloncini e tanto altro. Un servizio divertentissimo e sicuramente indimenticabile per me e per i pazienti.
Gigella. Premesso che ogni servizio è diverso e arricchisce il bagaglio degli aneddoti, vorrei condividere un episodio che mi ha fatto riflettere molto. Nei nostri servizi in casa di riposo c’è sempre una parentesi musicale e – quando possibile- ballerina; mi è capitato di tornare in una delle strutture e ritrovare sulla sedia a rotelle uno degli ospiti più attivi, con cui il ballo era una sorta di appuntamento. Nel momento in cui sono partite le prime note di liscio ho colto nei suoi occhi il dispiacere e stavo quasi per farmi contagiare dalla tristezza…quando ho pensato di volteggiare per la stanza con la carrozzina a tempo di musica…ed è tornato il sorriso. Gigella ha fatto riflettere Ilaria sulla gratitudine e su quanto possa essere pericoloso dare per scontato che ci sia sempre tempo per rimandare…un gesto gentile, un sorriso o un ballo.
Oppi. L’episodio che vorrei regalarvi è un momento buffo e speciale che si è venuto a creare all’interno di una stanza nel reparto di medicina generale. Siamo entrati in una camera all’interno della quale c’era una signora anziana che ci ha accolto in maniera un pochino diffidente. D’altronde, vedere degli estranei tutti colorati arrivare nel “proprio spazio” (ambiente che fra l’altro si è costretti a vivere) non è una cosa che capita tutti i giorni, né tanto meno semplice. Ci siamo presentati e lei, dopo un sorrisino iniziale, ha iniziato a guardare fuori dalla finestra. Non capivamo se volesse averci lì oppure no. Ci ha detto il suo nome a voce bassa, quasi a non volercelo far sentire, così abbiamo iniziato a cantare fra di noi e alla prima canzone ci ha fissato e basta, aggiungendo che eravamo davvero tanto stonati. Decidiamo così di passare alla seconda canzone e la signora comincia a partecipare, riconosce il brano e canticchia qualche parola, eravamo riusciti a coinvolgerla. Finiamo la canzone e decidiamo di cantarne un’altra. Ad un certo punto la signora ci ferma e ci dice: “Venite un po’ qua e datemi questo microfono, questa la canto io!!!” ed ha iniziato a cantare. Conosceva quasi ogni parola, ha sorriso e si è anche emozionata. Ci disse che quella canzone le aveva ricordato un momento molto felice della sua vita e che, per quanto eravamo buffi, eravamo davvero belli e speciali.
Porto nel mio cuore questo servizio da anni, mi ricorda sempre quanto sia potente un sorriso e quanto sia potente la l’attenzione la gentilezza verso il prossimo.
Sbrodolo. Come ho detto ogni servizio è unico, se ne devo scegliere uno, penso ad un servizio in oncologia a Pesaro dove con una bambina che non parlava italiano, piano piano, senza parlare ma attraverso un gioco di sguardi e gesti siamo riusciti a trovare una sintonia e complicità uniche, senza dire una parola.
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Ringrazio tantissimo Luigi, Federico, Ilaria, Elena e Stefano per il tempo impiegato per questa intervista e per averci fatto conoscere meglio, attraverso i loro fantastici Pondicerri Patacco Gigella Oppi e Sbrodolo, l’essenza della clownterapia.
Essa è il naso rosso ma anche e soprattutto le persone che lo indossano e che si incontrano creando qualcosa di meraviglioso! E’ gruppo, formazione, supervisione, crescita, emozioni, magia, clownerie e tanto tanto altro.
Spero che questo sia un’occasione piacevole per conoscere più da vicino anche la “terapia del sorriso”.