Un rifacimento della più famosa frase di Sartre. Tutte le parole, le azioni ma anche tutti i silenzi hanno significati e comportano conseguenze, hanno un mittente e un destinatario, hanno un motivo e vanno quindi “utilizzati con cura”.
.
Che cos’è il silenzio?
Il silenzio non è solo assenza di “rumori e suoni”. E’, esso stesso, comunicazione e serve per entrare in contatto con se stessi (acuisce la sensibilità e crea le giuste condizioni per ascoltare con attenzione il proprio mondo interiore) e con gli altri (migliora l’osservazione, l’ascolto, il rispetto, la connessione e l’accoglienza).
.
Perchè è utile?
Il silenzio ha funzioni importanti: può essere l’espressione di un’emozione o di un bisogno, permette la consapevolezza, rilassa la mente (abbassa l’attivazione cerebrale) e riduce lo stress psicofisico.
.
Il vissuto soggettivo
Ognuno di noi lo arricchisce poi di significati e narrazioni personali, collegati alle esperienze vissute con il silenzio.
Comprendere il rapporto e il significato che si dà al silenzio, può servire per capire diversi aspetti di sè e di come si mette in relazione con l’altrǝ. Come riportato nella frase iniziale, ogni silenzio ha un motivo e un messaggio.
.
Non siamo più abituati al silenzio
Il nostro mondo è pieno e sembra che, solo nel rumore (radio accesa, tv in sottofondo, amica che parla, vocale attivo, ecc), riusciamo a “funzionare”.
Eppure il multitasking, come dimostra ogni studio, è controproducente perché ci prosciuga il doppio delle energie richieste per un singolo compito e, a lungo andare, ci stressa (aumentando la produzione di cortisolo e adrenalina nel cervello).
Qui puoi recuperare un utile articolo, pubblicato dal Corriere della Sera/Neuroscienze, sul tema: https://www.corriere.it/salute/neuroscienze/17_dicembre_21/multitasking-rischi-memoria-264a774e-e672-11e7-a31d-9c65415bd8d8.shtml
.
Quando smettere di parlare può essere utile
Nei casi in cui il dibattito sta prendendo una piega poco piacevole o ci si sente troppo alterati o confusi emotivamente, è opportuno interrompere la discussione e prendere per un momento le distanze.
Per riuscire a fare questo e quindi non alimentare il confronto, è importante essere capaci di ascoltarsi e consapevoli del proprio vissuto emotivo.
Nelle occasioni in cui si opta per il silenzio piuttosto che aggredire l’altrǝ, è altrettanto necessario capire se chi ci è di fronte ha compreso e accettato la nostra decisione di tacere e rimandare lo scambio. A volte può essere utile esplicitare le proprie intenzioni.
Smettere di parlare con qualcuno può funzionare solo se lo si fa per un breve periodo, giusto il tempo di acquietare gli animi e i pensieri.
.
La strategia del Silenzio Attivo
E’ un esempio di utilizzo positivo, strategico ed educativo del silenzio.
Viene utilizzato soprattutto con gli adolescenti. Non ha l’obiettivo di punire.
Può essere efficace con i bambini (dagli 8/9 anni in su) e soprattutto con gli adolescenti. Purché:
– venga esplicitato e definito a priori, insieme ai bambini/ragazzi, quando utilizzare tale strategia comunicativa (cioè per quale trasgressione venga adottata);
– che tutti i soggetti coinvolti (famiglia, classe, gruppo) siano d’accordo nell’utilizzarla;
– che non se ne abusi.
Il silenzio attivo consiste nella sospensione drastica della comunicazione ogni volta che i ragazzi appunto “oltrepassano il limite”. Il tipico esempio è quello di un confronto in cui, il/la ragazzǝ, aggredisce verbalmente l’adulto. E’ una sorta di “semaforo rosso” che ricorda che “oltre, non può andare”.
.
Il silenzio utilizzato in senso negativo
Il silenzio imposto dagli altri è molto doloroso. Se viene utilizzato per “esprimere” rabbia, disapprovazione o per rimproverare crea un blocco comunicativo (la discussione si interrompe), la tensione aumenta alimentata dal senso di impotenza.
In questo modo, si attacca l’interlocutore … senza attaccarlo direttamente.
Le occasioni in cui il silenzio viene vissuto come negativo, esso assume il significato di:
minaccia/aggressione
punizione
abuso emotivo (come nel caso del trattamento del silenzio).
A lungo andare, queste occasioni disturbanti possono avere ricadute:
-sulle emozioni (insicurezza e instabilità emotiva, dubbi e sensi di colpa, abbassamento dell’autostima, stress, ansia, abbattimento dell’umore, nervosismo, senso di abbandono e rifiuto)
-sul corpo (tachicardia, fame d’aria, mal di testa, mal di stomaco, spossatezza, insonnia)
-sulle capacità sociali (si dubita di se stessi e delle relazioni).
.
Il trattamento del silenzio
Consiste nell’interrompere una discussione praticando il silenzio. Si smette pertanto di rispondere o di farsi vedere pur di non dare modo all’altra persona di continuare la discussione.
In questa circostanza, il silenzio viene utilizzato in senso manipolativo e ha lo scopo di controllare, punire o rendere innocua la vittima.
Apparentemente potrebbe sembrare la modalità migliore per “far sbollire” una situazione tensiva, in realtà interrompe la comunicazione e vieta a qualcuno di spiegarsi o richiedere spiegazioni.
Il trattamento del silenzio è una delle tattiche passivo-aggressive più frustranti (perché annientante e limitante) e comuni. Solitamente, chi lo utilizza, non ha buone capacità comunicative ed emotive. Il suo obiettivo è quello di “piegare” l’interlocutore alla sua volontà, senza discutere (perché non è in grado di sostenere un confronto costruttivo).
Per rompere il meccanismo, bisogna distaccarsi e non alimentarlo. In questo modo, chi lo pratica, dovrebbe capire che, così facendo, non raggiungerà l’obiettivo sperato.
.
Ti invito a metterti in ascolto del silenzio
Concludo il discorso sul silenzio per ora, invitandoti a metterti in ascolto del TUO silenzio. Come fare? Segui le mie parole.
Prenditi del tempo per te, trova un ambiente tranquillo dove nessuno (fisicamente o tramite dispositivi digitali) possa disturbarti e, se te la senti, chiudi gli occhi.
Ascolta il silenzio.
All’inizio ti potrebbe sembrare difficilissimo, le tue orecchie potrebbero cercare affannosamente un suono al quale agganciarsi (ticchettio dell’orologio, gorgoglio dello stomaco, gocciare del lavandino, cinguettio degli uccellini).
Prova a “respirarci dentro” senza giudicarti.
Quando ti senti prontǝ, prova a farti queste domande:
-come sto nel silenzio?
-che emozione mi suscita?
-che cosa mi sta dicendo, ora, il silenzio?-quando ho bisogno del silenzio? (rifletti se ci sono situazioni o luoghi in cui lo ricerchi)
-quando mi risulta difficile da sostenere?
.
.
.
Silvia Mimmotti, Psicologa