
Parto da un fatto di cronaca a tutti tristemente noto e recente. Venerdì scorso, 7 dicembre, si sono accese le telecamere in una zona non molto distante da dove sono nata, nelle campagne vicino il piccolo borgo di Corinaldo e più precisamente nella discoteca Lanterna Azzurra Clubbing di Madonna del Piano.
Sappiamo tutti cosa è successo, i media ci riempiono con queste notizie. Un evento improvviso e fastidioso (sembra uno spray urticante) esploso in mezzo ad una folla (probabilmente troppo numerosa) radunata per assistere al concerto del rapper Sfera Ebbasta, ha creato panico e fuga incontrollata dal locale. Le persone, per paura e per salvarsi, si sono accalcate verso l’uscita e sul ballatoio. La ressa che si è creata ha causato 60 feriti e la morte di tre ragazze e due ragazzi, di età compresa tra i 14 e i 16 anni, e di una mamma che aveva accompagnato la figlia al concerto. Nel locale, tra l’altro, era stato anche organizzato un incontro per gli studenti di cinque istituti superiori della città.
Una TRAGEDIA che richiama alle nostre menti quella dello scorso anno avvenuta in piazza San Carlo a Torino durante la finale di Champions. Quella volta, per fortuna, ci fu una sola vittima ma circa 1.500 feriti. Si torna così a parlare della sicurezza nei luoghi pubblici e affollati.
Tante cose sono state dette al riguardo, diverse le accuse volate e rimbalzate tra l’ufficio stampa del rapper e i legali degli organizzatori dell’evento o i proprietari della discoteca Lanterna Azzurra.
Non voglio aggiungere benzina al fuoco che sta già bruciando da una settimana sulla questione. Non spetta a me. Sul tema della sicurezza nei locali voglio dire la mia ribadendo quanto spiegato dal cantante Jovanotti -sicuramente più esperto di me in materia- l’indomani della tragedia, durante l’ospitata a “Che tempo che fa” accanto a Fabio Fazio e Luciana Littizzetto.
«Io lavoro nel locali da quando ho 16 anni, ho cominciato nelle discoteche e quindi è la mia storia, è la mia vita. Voglio semplicemente rivolgermi a chi lavora in questo ambiente: ci sono tantissime leggi. Applicate queste leggi con più attenzione possibile. E’ l’unica cosa che possiamo fare. Non c’è altro, perché lo sgomento, il dolore, è davvero inconsolabile».
Mi voglio invece soffermare su una questione che mi riguarda maggiormente, che rientra nel mio lavoro: riservare particolare attenzione anche a tutti quei ragazzi che, per fortuna, sono sopravvissuti alla tragedia.
Non dimentichiamoci che anche loro son vittime e son vittime che, se non saranno tempestivamente e coscienziosamente aiutate, avranno CONSEGUENZE PSICOLOGICHE ED EMOTIVE per molto tempo. Non dimentichiamoci che stiamo parlando di adolescenti!
Spiegava Giorgia Cannizzaro, la psicologa del servizio di elisoccorso di Emergenza sanitaria della Regione Marche, su un giornale online.
«Tirano fuori sentimenti di incredulità per un evento che supera simbolicamente le loro capacità di elaborazione. L’adolescenza è un momento di grande vulnerabilità di per sé perché i ragazzi devono superare il lutto del passaggio dall’infanzia. In questo caso hanno avuto un incontro forte e repentino con un evento che, in maniera aggressiva, apre a nuove vulnerabilità ..quelle della vita. Un fatto che supera le loro capacità di elaborazione. Per questo il rischio è che possano rimanere traumatizzati. Gli esiti li vedremo poi, adesso i ragazzini sono sotto choc e increduli. Il sentimento prevalente è la paura, per sé e per aver perso un amico, per una vita in cui non si può essere al sicuro neppure ad un concerto. La spavalderia adolescenziale è cosa nota ma non dobbiamo scandalizzarci per quanto successo. Si rischia una regressione psicologica perché il ragionamento in questa fase di lutto é: “Se età adulta significa questo, allora meglio rimanere piccoli”. Per questo è necessario fare rete per ridare le coordinate ai ragazzi affinché superino questo momento».
L’appello di questa psicologa è puntuale ed allarmante.
Questa alla Lanterna Azzurra, come le tante che i ragazzi si trovano a vivere, è un’esperienza in cui gli adolescenti si sono confrontati con IL LIMITE, con la precarietà dell’esistenza e con la “FINITUDINE” (passatemi il termine).
Quando si verifica un lutto in età adolescenziale, può essere che il ragazzo non abbia ancora avuto modo di affrontare l’argomento della finitudine con un adulto e che, quindi, non gli sia stato ancora permesso di crearsi delle rappresentazioni personali sul concetto di ‘morte’. Ahinoi questo è il risultato della tendenza, della società di oggi, di allontanare la morte e il morire dal quotidiano [questione che abbiamo già accennato in articoli precedenti]. Giocano un ruolo altrettanto fondamentale: sia gli adulti, genitori o insegnanti, che fanno sempre più difficoltà ad affrontare certe tematiche con i figli [cfr. sessualità e morte], sia i mass media che fanno rivivere in continuazione il concetto di finitudine ma difficilmente in maniera costruttiva. Troppo frequentemente certe scene, in film e nei social, vengono passate in maniera violenta o, al contrario, la morte viene spettacolarizzata o resa asettica. Senza troppe spiegazioni, vengono date in pasto, ad occhi ancora “bambini”, immagini di morti e lutti -reali o cinematografici- che disorientano i ragazzi e BANALIZZANO un accadimento che -di per sè- è tutt’altro che scontato.
Allo stesso modo, anche l’uccidere è diventato insignificante, tanto ne siamo bombardati che guardiamo con disinteresse le molte notizie di morti e massacri che ci passano davanti agli occhi quotidianamente.
Mi unisco all’appello mosso anche da altri miei colleghi nell’ottica di RIDARE DIGNITA’ ALLA MORTE.
DOBBIAMO impegnare tempo PER PARLARE ed INSEGNARE LA MORTE perché non si può comprendere ed apprezzare l’esistenza se non si affronta anche l’altro tema!
Pensate: la parola “amore”, viene dal latino “a-mors” ossia “a-morte” dove “a” è l’alfa privativo del termine morte. Anche l’etimologia ce lo fa capire: l’amore ha senso se si conosce anche la morte e viceversa. I due termini, come i due significati, sono intrecciati tra loro.
E’ necessario quindi che si impieghi tempo per “insegnare la morte”, descriverla, parlarne.
Ricordiamoci che i ragazzi, in questa fascia di età, hanno bisogno di essere coinvolti nel processo di conoscenza e comprensione degli eventi dell’esistenza, quindi anche della morte.
E’ tra l’altro fondamentale aiutare il giovane ad ESTERNARE ciò che sente dentro in relazione ad un evento disorientante come il lutto e, in particolar modo, in adolescenza in quanto fase di sviluppo delicata e di profonda ristrutturazione di sè.
Insegnare loro a CONDIVIDERE i sentimenti e il dolore sono i primi step che permettono l’elaborazione del lutto. Nel rispetto dei suoi tempi e delle sue modalità ma anche e soprattutto CON IL SOSTEGNO delle persone a lui vicine, l’adolescente imparerà ad accettare l’irreversibilità di quanto ha vissuto ed interiorizzerà l’immagine della persona che ha perso.
Come parlarne con gli adolescenti?
Nella maniera più semplice e naturale che si conosce. Partendo magari dai nonni o dall’animale domestico che si son persi poco tempo prima e ai quale si era tanto affezionati. In questo modo, permetterete a voi stessi e al ragazzo, di recuperare il significato dell’amore … amore che serve a superare proprio quel concetto difficile di morte/finitudine che appartiene a ciascuno di noi.
Prossimamente parlerò di libri, film e cartoni che affrontano il tema della morte e del lutto e che potrebbero essere utili per bambini, ragazzi e adulti nel trattare questi argomenti.
Se interessati, continuate a seguirmi 😉