Osservando i bambini mentre giocano si può notare come siano soliti riprodurre la realtà sociale in cui vivono, i ruoli di genere e -purtroppo- anche gli stereotipi e le aspettative di cui la nostra cultura è intrisa.
Verso i 2 anni e mezzo i bambini iniziano a capire le regole di vita e la condotta da tenere per non deludere le aspettative sociali. Si sedimentano i ruoli di genere ossia i bambini comprendono che esistono alcuni comportamenti “più adatti” ai maschi ed altri alle femmine (stereotipi di genere).
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Gli stereotipi di genere
È l’insieme rigido di credenze condivise e trasmesse socialmente rispetto a quelli che sono e dovrebbero essere i comportamenti, il ruolo, le occupazioni, i tratti, l’apparenza fisica di una persona, definibili solo sulla base del genere di appartenenza (maschio/femmina). Gli stereotipi si possono anche definire come la percezione pubblica e condivisa delle differenze sessuali nei tratti di personalità e nei comportamenti (Lueptow et alii 2001) oppure come la rappresentazione schematica della realtà che è condivisa da un gruppo sociale.
Per spiegarmi meglio, gli stereotipi di genere sono quelle caratteristiche femminili o maschili attribuibili ad ogni singolo individuo solo perché appartenente, appunto, all’uno o all’altro genere. Sono attribuzioni spesso legate a dei luoghi comuni che quasi mai corrispondono alla realtà. Per esempio, si dice che l’uomo abbia più coraggio e forza, sappia guidare meglio, sia più orientato al lavoro; mentre la donna che sia più emotiva, debole, orientata alla famiglia.
Gli stereotipi di genere, come si può dedurre, impediscono di valorizzare il singolo e le sue caratteristiche, indipendentemente dal genere a cui appartiene.
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La cultura di genere
Siamo immersi in una cultura di genere che tende ad influenzare il modo di pensare e le nostre connessioni cerebrali, creando una sorta di “cervello di genere”. Plasmati da questi modi, i bambini e i ragazzi arrivano ad accettare stereotipi come quello secondo cui i maschi sono più bravi nelle materie scientifiche e le femmine in quelle umanistiche o sociali. Questo influenza le scelte scolastiche e lavorative di uomini e donne, aumentando il rischio di segregazione occupazionale femminile in molti Paesi (Italia compresa).
Le aspettative ed influenze di genere vengono vissute sin dall’infanzia. I bambini apprendono osservando e riproducendo i comportamenti degli altri. I principali insegnanti sono le figure di riferimento (i genitori) ma, in questo articolo, vorrei parlare del ruolo educativo di ogni educatore (insegnanti, gruppo dei pari, coach, istruttori, parrocchiani,..). Gli adulti non sempre sono consapevoli del messaggio che trasmettono pronunciando certe frasi o offrendo dei giocattoli, dei libri, dei colori, degli slogan.
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Aspettative e stereotipi di genere
Ad esempio, nella scelta dei giocattoli, c’è una certa dose di influenza di genere (Sutfin, Fulcher, Bowles e Patterson, 2007). E’ quotidiano vedere cucine giocattolo in rosa pubblicizzate da bambine e trattori giocattolo di colore scuro (solitamente blu, verdi, rossi) con bambini che li guidano.
Allo stesso modo, per quanto riguarda lo stile di gioco, gli adulti incoraggiano i maschi a scegliere giochi/sport più fisici e attivi rispetto a quanto propongono alle femmine.
Nell’assegnazione dei compiti domestici, sono frequenti casi in cui alle bambine si suggerisce, ad esempio, di aiutare le mamme in cucina e ai bambini di farlo con i papà in garage.
Allo stesso modo, alle femmine viene criticato il comportamento aggressivo molto di più rispetto a quanto si fa con i maschi. Per quanto riguarda l’autonomia personale, i maschi vengono maggiormente incoraggiati (ad esempio: ai figli viene data prima la possibilità di uscire da soli, rispetto alle figlie).
Ci si aspetta invece una maggiore consapevolezza e un miglior controllo delle emozioni dalle femmine piuttosto che dai maschi.
Questi appena descritti sono tutti esempi di STEREOTIPI DI GENERE presenti non solo nei giocattoli ma anche nei libri, vestiti, mass media, videogiochi.
In alcuni libri e in certi testi scolastici, ad esempio, ci sono storie di grandi avventure in cui i protagonisti sono maschi mentre meste figure femminili sono poste in secondo piano o rappresentate in casa/castello dedite alla cura dei bambini e in attesa di essere salvate dal principe di turno.
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Che cosa si può fare quindi per combattere questi stereotipi?
È fondamentale il ruolo di tutte le agenzie educative (famiglia, scuola, centri ricreativi e sportivi, …) che dovrebbero prendere consapevolezza di questi aspetti e che assumersi la responsabilità di educare alla parità di genere, rispettando e valorizzando le differenze.
Tra l’altro, si è visto che se fin dall’infanzia i bambini sono scoraggiati dal giocare con i giocattoli definiti come femminili e viceversa, potrebbero rischiare di non sviluppare un set di abilità di cui potrebbero aver bisogno più tardi nella vita.
E’ necessario dare ad ogni individuo la possibilità di svilupparsi nel modo che gli è più congeniale, indipendentemente dal sesso cui appartiene.
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Come farlo?
Offrendo a bambini e ragazzi quante più opportunità possibili di sperimentarsi proponendo loro: giocattoli, hobby, libri, film e film di animazione, riflessioni, ecc che permettano di abbattere e andare oltre gli stereotipi di genere.
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Idealmente
Sarebbe interessante rivedere molti dei testi scolastici tutt’ora utilizzati. Per quanto riguarda i libri, non è il caso di fare una “caccia alla strega” e bandire le vecchie storie ma, ad esempio, per ovviare alle parti ancora intrise di stereotipi, potrebbe essere interessante proporre al bambino cambiamenti della trama, attivando così il suo pensiero critico e creativo.
Potrebbe essere interessante anche strutturare: interventi di educazione civica finalizzati al corretto utilizzo dei media e dei social network; percorsi di orientamento alle scelte formative e professionali che supportino maschi e femmine ad una più libera scelta.
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Una curiosità
Il rosa non è sempre stato un “colore da femmine”, anzi!
È diventato un colore alla moda nella metà del 1700. Veniva indossato liberamente sia da uomini che da donne e, anzi, alla nascita bambini e bambine venivano vestiti di bianco. Il rosa era piuttosto associato ai maschi perché considerato una tonalità più chiara del rosso, colore che richiamava la forza dei guerrieri, degli eroi e dei combattenti.
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Silvia Mimmotti, Psicologa
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Bibliografia: Abbatecola E., Luisa Stagi (2020). Pink is the new black: Stereotipi di genere nella scuola dell’infanzia. Rosenberg & Sellier. Beede, D., Julian, T., Langdon, D., McKittrick, G., Khan, B., Doms, M. (2011). Women in STEM: A Gender Gap to Innovation. Biemmi (2020). Educazione sessista: stereotipi di genere nei libri delle elementari. Rosenberg & Sellier. Borlini B., Zajczyk F. (2007). La resistibile ascesa delle donne in Italia. Stereotipi di genere e costruzione di nuove identità. Il Saggiatore, Milano. Carraro L., Castelli L., Matteoli S., Pascoletti E., Gawronski B. (2011). Di padre in figlio. La trasmissione degli stereotipi di genere all'interno della famiglia. Psicologia sociale 6 (2), 153-170, 2011. Freedman-Doan C., Wigfield A., Eccles J. S., Blumenfeld P., Arbreton A., Harold R., D. (2000). What am I best at? Grade and gender differences in children’s beliefs about ability improvement. Scierri I.D.M. (2017). Stereotipi di genere nei sussidiari di lettura per la scuola primaria. AG About Gender-Rivista internazionale di studi di genere 6 (12), 2017. Tomasetto C., Galdi S., Cadinu M. (2012). Quando l'implicito precede l'esplicito: gli stereotipi di genere sulla matematica in bambine e bambini di 6 anni. Psicologia sociale 7 (2), 169-186, 2012. Valtorta R.R., Sacino A., Baldissarri C., Volpato C. (2016). L'eterno femminino. Stereotipi di genere e sessualizzazione nella pubblicità televisiva. Psicologia sociale 11 (2), 159-188, 2016.