TI RACCONTO UNA STORIA
‹ Quando ero piccolo adoravo il circo, ero attirato in particolar modo dall’elefante che, durante lo spettacolo faceva sfoggio di un peso, una dimensione e una forza davvero fuori dal comune. Dopo il suo numero però, e fino ad un momento prima di entrare in scena, l’elefante era sempre legato ad un paletto conficcato nel suolo, con una catena che gli imprigionava una delle zampe. Eppure il paletto era un minuscolo pezzo di legno e, anche se la catena era grossa, mi pareva ovvio che un animale del genere potesse liberarsi facilmente e fuggire.
Eppure qualcosa lo teneva lì, ma che cosa?
Chiesi in giro ma nessuno sapeva rispondermi.
Un giorno incontrai un uomo che mi spiegò che l’elefante del circo non scappa perché è stato legato a un paletto simile fin da quando era molto piccolo.
Chiusi gli occhi e immaginai l’elefantino indifeso, appena nato, legato ad un paletto che provava a spingere e tirare nel tentativo di liberarsi ma, nonostante gli sforzi, non ci riusciva. Dopo aver provato e riprovato, un giorno si era rassegnato alla propria impotenza. L’elefante enorme e possente che vediamo al circo non scappa perché crede di non poterlo fare: sulla sua pelle è impresso il ricordo dell’impotenza sperimentata e non ha più messo alla prova la sua forza. ›
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LA CATENA DELL’IMPOTENZA
A volte viviamo anche noi come l’elefante, pensando che non possiamo fare un sacco di cose semplicemente perché una volta, un po’ di tempo fa, abbiamo provato a farle ed abbiamo fallito.
L’IMPOTENZA APPRESA è la convinzione che, indipendentemente dal nostro comportamento, non otterremo un risultato diverso. Essa blocca ogni nostra possibilità di cambiamento.
Succede spesso che, in seguito ad una serie di brutti voti a scuola o di insuccessi sul fronte lavorativo, unx ragazzx decida che non valga più la pena studiare ed impegnarsi, perché “tanto non cambierà nulla” (quante volte vi è capitato di dirlo o di sentirlo ripetere?!).
È su questa sfiducia che, la catena dell’impotenza appresa, si stringe.
Seguendo bambini e ragazzi con DSA o altre difficoltà di apprendimento, ho avuto modo di notare spesso questo atteggiamento di sfiducia e disfatta.
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L’AUTOVALUTAZIONE
Per aiutare queste persone, come prima cosa, è importante che in ogni situazione negativa si permetta loro di ragionare e comprendere la causa che ha determinato quel determinato risultato (sviluppare e migliorare L’AUTOVALUTAZIONE).
Al poco impegno?
Alla difficoltà del compito?
Ad un malessere fisico?
All’ansia che annebbia il pensiero?
Questo riesame è utile per incrementare la riflessione e capire se, mettendo in atto strategie differenti, si potrebbero ottenere risultati diversi.
È altresì importante, soprattutto con i più piccoli, far notare ogni miglioramento o cambiamento (RINFORZO) che riescono ad ottenere ed anche sostenere tutti gli sforzi che essi compiono per liberarsi dalla catena dell’impotenza appresa.
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IL SENSO DI AUTOEFFICACIA
Se, sin dai primi anni di scuola, le persone venissero allenate a sviluppare un forte SENSO DI AUTOEFFICACIA scolastica e relazionale (Bandura, 1997) si potrebbe insegnare loro ad affrontare con maggior determinazione e positività le difficoltà che inevitabilmente incontreranno nel corso della vita.
Tale pensiero “autovalorizzante” è una risorsa fondamentale e va costruito ed allenato costantemente. Ecco perché l’aiuto ed il rinforzo di genitori, insegnanti (prima), amici, datori di lavoro e colleghi (poi) sono importanti soprattutto nel sostenere e sottolineare i progressi e l’impegno di ciascuno.
Anche il ricorso alle tecniche meditative può costituire un valido aiuto per incrementare l’autostima e la consapevolezza e spezzare così la catena dell’impotenza appresa.
Psicologa Silvia Mimmotti