I film, soprattutto quelli americani, alimentano l’immaginario tipico del paziente sdraiato sul lettino che parla e dello psicologo in penombra che ascolta attentamente.
Oppure ci si aspetta che il professionista rivolga una serie di domande e dia consigli immediati e risolutivi ad un paziente attento che si limita a dare qualche risposta o ad annuire.
La realtà è ben diversa.
Il colloquio, che sia il primo o l’ultimo, è (lo dice la parola stessa) prima di tutto un DIALOGO.
E’ un dialogo tra due persone ma anche con se stessi.
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CHE COSA DIRE AL PRIMO COLLOQUIO
Che cosa dire o non dire allo psicologo, soprattutto al primo colloquio, dipende ovviamente da ogni singola situazione. Sicuramente è utile partire dal MOTIVO PERSONALE per il quale si è deciso di fissare un appuntamento e di iniziare un percorso simile.
Alcune persone arrivano al primo appuntamento già con un’idea ben precisa circa il loro disagio o bisogno, soprattutto quando hanno ben chiari i sintomi, mentre altri non hanno ancora ben definito la personale sensazione di malessere. Può altresì capitare che ci si prepari un discorso tra sé e sé si parli di tutt’altro o in maniera completamente diversa.
Tutte queste modalità sono normali e, anzi, il mio consiglio è: una volta individuati gli aspetti essenziali che si vogliono riportare (se può servire, scrivetevi anche qualche appunto), non va preparato nessun un discorso. E’ bene lasciare che le parole vengano da sole e in totale libertà.
Non è semplice individuare a priori quali vissuti o esperienze raccontare, si capirà con il procedere delle sedute.
Partire dal PRESENTE, da quanto sta accadendo o è accaduto. Sarà eventualmente lo psicologo a porre qualche domanda in più per indirizzare il discorso o raccogliere le informazioni che mancano per fare il quadro della situazione.
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PAROLE ED ASCOLTO
E’ altrettanto importante dosare parole ed ascolto.
Durante una seduta, si alternano in maniera naturale momenti in cui il paziente racconta pensieri ed accadimenti in maniera libera e magari altri in cui si lascia condurre e sostenere dal professionista.
Spesso le persone palesano il timore di parlare di cose personali e magari dolorose o traumatiche ad una persona estranea. E’ una sensazione sicuramente normale, soprattutto all’inizio. Se la relazione instaurata è positiva, supportiva e accogliente, queste paure si dissolvono e diventa più semplice affrontare un argomento che disturba. Lo psicologo non forza il paziente a lavorare su certi temi perché l’evitamento o il disagio sono indicatori del fatto che forse ancora non si è pronti ad affrontarli o non è ancora arrivato il momento.
A volte lo psicologo fa delle domande per comprendere meglio le problematiche in atto e le emozioni del paziente ma mai pone richieste incalzanti o capaci di bloccare il racconto libero.
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LE ASPETTATIVE
Durante il primo colloquio, il professionista indaga le aspettative che il paziente si è costruito rispetto al percorso che sta iniziando. Comprendere che cosa egli ‘si aspetti’ dagli incontri con lo psicologo è indicativo del suo modo di pensare e valutare le situazioni, della sua visione della figura del professionista e di quanto sia disposto ad investire su di lui e su se stesso.
Sarà quindi l’occasione per spiegare alcuni aspetti, dare ulteriori informazioni ed iniziare con alcuni accorgimenti psicoeducativi.
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E LA SOLUZIONE?
Il percorso, tra psicologo e paziente, si costruisce INSIEME.
Il professionista non dà soluzioni, tramite uno scambio reciproco si va a comprendere e lavorare sul problema portato in seduta in modo da riabilitare le risorse possedute dal paziente e comprendere quali strategie mettere in atto per affrontare un disagio/problema.
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L’INGREDIENTE SEGRETO
La FIDUCIA da ambo le parti.
Una volta costruita l’alleanza terapeutica tra le due figure coinvolte nel percorso psicologico, si accoglie anche l’idea di non giudicare e non sentirsi giudicato.
Il professionista è lì per ascoltare ed aiutare, non per puntare il dito contro.
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CONCLUSIONE
L’incontro, in particolare il primo, può avere una durata variabile da professionista a professionista. Solitamente una seduta ‘tipo’ va dai 45 ai 60 minuti.
Sarà compito dello psicologo, arrivato il momento, dare una chiusura all’incontro.
Ci si accorda poi sulla data e sull’orario del successivo appuntamento e, se previsto dal contratto, si procede al pagamento.
In senso generale, si può dire che il colloquio non finisce mai. Il lavoro psicologico iniziato con il primo colloquio, non si conclude una volta usciti dalla stanza del professionista ma continua, prende senso e maggior vigore proprio nelle ore e nei giorni a seguire. Entrambi i soggetti di questo dialogo, rielaborano nei giorni successivi quanto vissuto nella prima seduta.
Il paziente lascia una serie di sentimenti e pensieri che possono tornare in mente anche a distanza di tempo e in situazioni extra professionali. Se la relazione instaurata è positiva, a qualche giorno di distanza, i sentimenti di disagio o di vergogna o di angoscia che erano apparsi prima del colloquio nel paziente lasciano il posto ad una sensazione di sollievo per aver trovato un luogo, un tempo ed una persona in cui e con cui poter parlare di sé, sentendosi ACCOLTI.
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QUESTIONI BUROCRATICHE
Durante il primo colloquio, al paziente è richiesto di firmare il CONTRATTO e il MODULO DEL CONSENSO INFORMATO.
Il contratto non è altro che la definizione generale del patto terapeutico, ossia si sottoscrivono: la tipologia di consulenza offerta, il nome e contatto del professionista, la sua assicurazione, il costo delle sedute, il tipo di pagamento, le limitazioni e regole aggiuntive (in caso di annullamento, in caso di prolungamento delle sedute, ecc).
Il modulo del consenso informato dà garanzia ad entrambi i contraenti. Al paziente assicura che quanto emerge nel corso delle sedute è tutelato dal segreto professionale e, al professionista permette di avere il diritto di raccogliere “informazioni sensibili” da chi frequenta lo studio. Se il percorso psicologico viene svolto con minori (bambini o adolescenti) è necessario che, almeno il primo colloquio, venga fatto con i genitori ai quali si fa firmare tale modulo.
Firmando questi due documenti, si dà il libero consenso a tutto ciò che vi è contenuto e parte legalmente il rapporto tra psicologo e paziente. Entrambi possono far valere i loro diritti impugnando i due documenti qualora non vengano rispettati.
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IL PAGAMENTO
Attenzione! Ci sono novità per quanto riguarda le spese sanitarie.
A partire dal 1 gennaio 2020 tali spese sostenute presso un professionista sanitario privato non convenzionato (come me) sono DETRAIBILI SOLO SE PAGATE con sistemi TRACCIABILI (bancomat, carta di credito, bonifico, assegno).
Ogni pagamento in contanti, anche se prevede la fattura (cartacea o elettronica) non è più detraibile.
La detrazione è pari al 19%. Quindi, ad esempio, se una seduta ha un costo di € 50.00 si potrà ottenere un rimborso pari a circa €9.50, utilizzando un pagamento tracciabile.
Presso il mio studio sarà possibile:
$ pagare in contanti, qualora non si intenda detrarre la prestazione sanitaria;
$ pagare tramite pagamento tacciabile (con bancomat grazie al POS presente in studio o con bonifico bancario) per poter detrarre.
Psicologa Silvia Mimmotti