Quando ci troviamo di fronte ad una persona che ha il cancro può capitare di sentirci in difficoltà e spaventati. A volte, sebbene vorremmo solo confortarla ed essere di aiuto, rischiamo di utilizzare frasi inappropriate o, addirittura, che potrebbero ferire (anche se non è nelle nostre intenzioni).
Chi sta affrontando un tumore è emotivamente molto coinvolto e fragile.
Stargli vicino e accompagnarlo con le parole giuste può fare la differenza.
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Pensavo di trovarti peggio
“Peggio” di chi? In base a che cosa?
Che poi, quando non si sta bene e si è giustamente concentrati sul proprio dolore, non aiuta sapere che “si potrebbe stare peggio”.
Per chi sta combattendo contro un tumore, la vita e la sua qualità sono state stravolte. Quindi dire “Pensavo di trovarti peggio” sembra sminuire l’entità stessa della battaglia che sta portando avanti.
Piuttosto potresti dire: “Potrebbe essere una mia impressione ma fisicamente/a livello di umore ti vedo migliorare. Come ti senti oggi?”.
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Coraggio, devi essere forte!
Perché mai? Chi lo ha deciso?
Spesso la persona con tumore ha bisogno di esternare le sue paure, la sua tristezza e le sua fragilità senza sentirsi giudicata. Ci sono altre persone che possono essere forti al posto suo, come familiari, amici e tutto il personale sanitario che si prende cura di lei ogni giorno.
Tra l’altro, spesso chi soffre può trattenersi dall’esprimersi o sentirsi in colpa per le sue emozioni e i suoi pensieri per timore di gravare sui suoi cari.
Dimostrare la vicinanza e la disponibilità ad accogliere può essere di aiuto.
Piuttosto potresti dire: “Se ne senti il bisogno, appoggiati a me o a chiunque ti è vicino. Siamo qui anche per questo”.
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Chi si abbatte, è perduto
Esprimendosi con queste parole si rischia di far passare il messaggio che l’esito della “battaglia” dipende solo da come la persona si pone nei confronti della malattia. E che un suo cedimento possa compromettere tutto, terapie comprese.
Invece sarebbe giusto lasciarle la libertà di abbattersi senza sentirsi in difetto.
Piuttosto potresti dire: “Può capitare di abbattersi, è umano. Rispetto i tuoi momenti di scoramento. Se vorrai, cercherò di sostenerti e aiutarti come mi è possibile”.
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Ti capisco
L’esperienza del tumore è molto particolare e soggettiva. Anche se si vive a stretto contatto con la persona oncologica è impossibile percepire sulla propria pelle e nella propria testa le medesime sensazioni e gli stessi pensieri che il cancro (o le terapie) può suscitare a chi lo ospita.
Esprimere empatia è ben diverso.
Piuttosto potresti dire: “Non posso capire come tu possa sentirti ma, se mi spieghi, potrei comprendere meglio”.
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Va beh ma sono solo capelli, ricresceranno
Per chi è abituato a portare i capelli più o meno lunghi, perderli è un doloroso.
La loro perdita, a seguito delle terapie, è un trauma nel trauma per un duplice motivo: contribuisce a rendere ancora più visibile (quotidianamente) e tangibile la sua battaglia e a rendere, il tutto, percepibile anche dall’esterno.
Costringe inoltre a fare i conti con un immagine di sé trasformata.
Indossare foulard o parrucche non è per tutti la soluzione più piacevole.
Piuttosto potresti dire: “Accolgo la tua preoccupazione per i capelli, immagino sia un pensiero in più in questo tuo cammino difficile”.
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Sei giovane, vedrai che ti riprenderai presto!
Il vissuto oncologico è molto diverso da persona a persona e la ripresa dalle terapie o dal cancro variano in base alla tipologia di tumore, al suo stadio, alla compresenza di altre malattie, alla tipologia di terapie, alla forma fisica del corpo (valori sangue ecc) precedente alla comparsa del tumore.
E, purtroppo, la giovane età non è sempre garanzia di decorso migliore.
Piuttosto potresti dire: “L’impatto del tumore e delle cure potrebbero debilitarti ma ognuno reagisce diversamente. Vedremo giorno dopo giorno come ti sentirai”.
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Ricorda che, a volte, il silenzio accogliente e la presenza sincera sono i doni migliori che puoi fare alle persone che soffrono.
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Psicologa Silvia Mimmotti